Dalle scalette al fango: l’orienteering sugli Appennini

(di Andrea Migliore)

Si sale di livello nel secondo weekend di gare nazionali. L’ Appennino bolognese attorno a Roncobilaccio, noto sinora ai più per gli incolonnamenti stradali della domenica sera, regala prove di caratura tecnica ben maggiore rispetto alla due giorni mantovana. Certo, le quinte teatrali sono di pregio assolutamente inferiore, mancando gli splendori artistici di Mantova, ma non sono le scenografie a fare i successi teatrali, piuttosto la sceneggiatura e la bravura degli attori.
Tuttavia rimane un po’ di amarezza quando il sabato si arriva nell’arena. Il piccolo velodromo è una copia pallida dello stadio di atletica del Bosco Virgiliano; Castiglione dei Pepoli è un paesotto arroccato su un versante degli Appennini, vecchio senza essere antico. Ma quando, in partenza, si afferra la carta e si cerca con concitata foga il triangolo, ecco che compare la prima rampa, la prima scaletta, e si capisce subito che quel giorno sarà molto dura. L’occhio, ancora abituato alle vie larghe di Mantova o alla navigazione a vista del Bosco Virgiliano, è subito a disagio di fronte ai vicoli stretti e alle contorte scalette che promettono dure mazzate per le gambe, gradino dopo gradino. Il fiato è presto mozzato dalla successione di rampe ripide e perigliose discese, mentre la mente deve rapidamente settarsi sul problema di distinguere i piccoli passaggi tra le case. I muretti non attraversabili compaiono ovunque, occhieggiando beffardi contro il cervello dei concorrenti messo in affanno dalla necessità di correre veloce. Come se fosse facile scegliere le cose giuste quando la lucidità viene erosa metro dopo metro da decine di scalette, la lettura è resa difficoltosa dalle discese ripide e la concentrazione cala al crescere della fatica.
Il tracciatore ha posato una rete a strascico per le vie di Castiglione, una maglia fitta di tranelli che si susseguono tratta dopo tratta. Molti pesci piccoli cadono, vittime predestinate. E quando ti trovi chiuso in un cortile senza sbocchi con qualche élite, uno di quelli che contano, capisci che anche per i pesci più grossi oggi è dura. Vi guardate un attimo attorno, cercando ansiosi una lanterna che è forse un livello più in alto, e nei vostri occhi per un attimo brilla la stessa frustrazione, anche se vi dividono abissi di talento.
E non si può mollare sino alla fine, perché anche quando le scale e i muretti sono finiti, ci ha pensato la pioggia dei giorni prima a rendere insidiosi gli ultimi metri, sotto forma di un prato fangoso che ostacola le gambe che vorrebbero solo spingere per arrivare il più facilmente possibile al traguardo.
Ancora fango la domenica, ma molto meno del previsto; i grigi nuvoloni fanno la voce grossa tutto il giorno, incombendo sugli infreddoliti concorrenti sorpresi da questo ritorno d’inverno, ma senza scatenare mai l’inferno di una fitta pioggia. Per il resto anche quelli che hanno sbagliato di più non possono lamentarsi troppo: perché una giornata di grande orienteering è offerta da un tracciatore ispirato, oltre che da un bosco di quelli che sogni quando sputi sangue tra certe mappe di rovi o massi. È il bianco il colore dominante; ma un bianco vero, non il finto verde che altre mappe hanno offerto in passato. Si corre (e già questo verbo dice tutto) su e giù da profondi avvallamenti e collinoni ampi con la frenesia che una tracciatura, basata su tratte brevi e continui cambi di direzione, offre. Esistono selve (boschi è un termine troppo gentile per loro) che puniscono i concorrenti meno bravi con inusitata cattiveria, confondendoli e irridendoli tra distese informi e ingarbugliate di particolari; il bosco della Valserena non è di questa razza: è un professore onesto che rifila voti bassi a chi ha studiato, ma non ostacola nessuno con tranelli infidi. Se gli élite più forti danzano sicuri nel candore di questo bosco gentile, per gli altri è una giornata in cui si è messi alla prova, ma da cui si esce in ogni modo con un sorriso: vuoi per chi si è destreggiato nel modo migliore, vuoi per chi ha potuto godere almeno di una gara come ci si augura siano tutte.
Weekend dai due volti per la compagine bianco-rosso-blu che consolida il primato nella classifica generale di società, e addirittura guadagna la leadership tra gli assoluti, ma perde il comando tra i giovani e i veterani, tradizionali bacini di punti per la squadra brianzola.
Giornata sugli scudi per i besanesi durante la sprint del sabato con ben 5 vittorie e altrettanti podi, tra cui spiccano la doppietta di Gianluca e Angelo, primo e secondo in M55, e il bel bronzo di Eleonora in WE. Ancora una volta la formazione brianzola si conferma a trazione rosa, visto che sono le ragazze ad incamerare ben quattro vittorie, sparpagliate tra la W12 e la W70, passando per la W50 e la W60. Situazione ancora più netta guardando la sola categoria élite, dove il tridente d’attacco Eleonora-Anna-Irene si piazza tra le prime sette, mentre i maschietti mandano il solo Luigi, in rapida ripresa dall’infortunio di inizio anno, in top 20.
La componente maschile ha l’occasione per riscattarsi la domenica. In una giornata per il resto piuttosto grigia, l’unica vittoria la firma Matteo in MA; e anche a computo podi finisce tre a due per i maschi, grazie ai bronzi di Marco Anselmo in M16 e di Angelo in M55 a cui le ragazze rispondono con gli argenti di Silvia in W12 e Anna in W50. Per il resto arrivano diverse medaglie di legno e piazzamenti vari che consentono ad altre formazioni il sorpasso nelle classifiche veterani e giovani. Ma non c’è quasi categoria dove i bianco-rosso-blu non abbiano lottato per le posizioni di testa e la classifica generale è lì per dimostrarlo. Un ottimo viatico per i campionati a staffetta, dove non si vince con le individualità ma soltanto con un collettivo di valore.

Podio M16 e W16 della gara Sprint, con il secondo posto di Valentina Cazzaniga e il terzo di Marco Anselmo Di Stefano.