Pioggia e fango nel weekend di gare in Friuli

Per il terzo weekend di gare nazionali ci si sposta in Friuli. Maniago è una cittadina senza particolari velleità artistiche, che sorge ai piedi delle Alpi Carniche; è una terra di confine tra la bassa pianura e i primi rilievi, che troneggiano eleganti a breve distanza. A differenza di Schia, il dislivello questa volta viene tutto lasciato al panorama, visto che le gare si svolgono sulle ultime propaggini della pianura.

Le gare nazionali sono anticipate da un divertente prologo in notturna, disputato nei campi a sud di Maniago. Si corre su una carta che, di giorno, sarebbe quasi noiosa, vista l’abbondanza di campi e sentieri ben tracciati; tuttavia, il buio cambia tutte le carte in tavola. La prima parte tra i semiaperti più antropizzati è ancora alla portata, ma quando si entra nel bosco e l’oscurità ti serra da ogni parte si fa dura. Nella selva la tenebra è fonda e impietosa, mostrando davvero il minimo indispensabile. Ci si abbarbica alla luce della frontale, che illumina appena una piccola bolla attorno. Lo spazio per sbagliare è nullo, visto che poi trovare il riferimento è molto complicato. È una sensazione strana, perché siamo disabituati a non poter disporre della luce a nostro piacimento e, normalmente, anche la notte più nera è rischiarata dalla tecnica. Qui affiora appena la luce delle case lontane e, nell’errore, il bosco cupo non offre appigli. A tratti soggiunge un bagliore nella notte (la frontale di un concorrente); di norma non è un evento lieto, perché vuol dire essere stati raggiunti e battuti, qui risveglia un po’ di entusiasmo: di colpo non si è più soli nella selva.

La sprint del sabato era partita molto in sordina, venendo snobbata come facile e poco significativa. Del resto, Maniago, come si diceva, non è un borgo costruito per l’orienteering. Caseggiati si alternano regolari attorno a vie larghe, diritte e sicure. Non ci si aspetta una prova complicata. I detrattori sono, però, stati smentiti subito. Pronti via si è catapultati in un giardino di siepi, che pare citare certi labirinti rinascimentali; nulla di troppo complesso, ma mette sull’avviso che oggi non sarà affatto facile. Ne segue una gara resa veloce dal terreno pianeggiante, ma da prendere decisamente con le molle, visto i numerosi cambi di scenario. Primi punti in parchi cittadini, poi un ravvicinato loop tra condomini, scalette e siepi molto irregolari, scelte lunghe non banali e si torna ancora in un groviglio di punti ravvicinati, la cui opzioni preferibile non è sempre molto evidente. Non sarà stata la miglior sprint dell’anno, ma prova superata. L’unico aspetto negativo è il passaggio lungo la strada principale, dove un cordolo separa sì il marciapiede dalle macchine, ma anche la salvezza dalla squalifica. Contando che qualcuno magari avrà passato il cordolo dalla parte della strada, guadagnando al massimo qualche decimo di secondo, solo per non infastidire i pedoni, è stata davvero una severità eccessiva.

Marco Anselmo di Stefano sprinta verso la 100 nella gara di Maniago.
L'ultimo sforzo di Chiara Magenes sotto la pioggia a Maniago.

La domenica ci si sposta di qualche chilometro in campagna per affrontare i campionati italiani middle presso il Bosco di Valeriano, fitta selva annidata presso i primi paesini che risalgono verso la montagna. Anche qui si arriva con prospettive basse, immaginandosi una gara tra verdi più o meno cattivi senza eccessive difficoltà tecniche; anche qui non sarà la gara del secolo, ma i pronostici negativi sono smentiti. I verdi, ovviamente, ci sono e non sono quasi mai gentili, ma la carta ha un suo svolgersi molto divertente. È il classico bosco che si trova lungo la fascia prealpina, e di cui la Brianza ha un particolare brevetto; va detto che la selva friulana è anche più gentile, visto che non abbonda di rovi. È il regno, però, dei canaloni che qui si aprono un po’ dappertutto. Che siano più piccoli o maggiormente scavati, non sono mai clienti facili, anche perché si arriva da due settimane di pioggia e sono intrisi di fango. Te li trovi davanti all’improvviso, profondi e troppo allungati per essere aggirati. Scendere non è troppo complicato: basta lasciarsi andare e in un attimo si è in fondo. Il problema è la risalita: le chine svettano lisce e fangose, e deridono gli sforzi dei concorrenti che cercano di domarle. Anche una sola linea di dislivello pare un bastione da scalare. Non ci sono assediati che gettano giù ogni tipo di proiettili, ma il fango è un ottimo difensore, rendendo a tutti la vita molto difficile. Gli atleti fanno forza sui chiodi mentre faticosamente sfidano la china, la terra scivola beffarda rigettandoti in fondo al canalone; li vedi allora afferrare radici, farsi scudo con gli alberi, ognuno imprecando a modo suo. Ogni singolo centimetro deve essere conquistato contro il fango infido, a volte si fa un passo per essere ricacciati indietro. Superato un canalone il terreno si apre pianeggiante per un po’, ma è una pausa breve. C’è sempre un nuovo fossato da superare, scendendo a rotta di collo e risalendolo a furia di lotte feroci con il fango. Al netto di qualche scivolone è un esercizio divertente, che fa il paio con un bosco per il resto non eccessivamente severo, ma neppure troppo facile.

Il ritmo indiavolato della middle fa il resto: la concentrazione non deve mai mollare, perché un errore anche piccolo può costare posizioni. Ne viene fuori una gara piacevole, in cui anche il più anziano master è obbligato a tornare bambino: oggi non bisogna aver paura di sporcarsi o scivolare.

L'arrivo di un affaticato Matteo Mandelli dopo la middle di Bosco di Valeriano.
Laura Vigni affronta una discesa nell'impegnativo Bosco di Valeriano.