Relay of the Dolomites 2022: la Besanese emoziona sul Passo Sella

Un solo secondo separa la Polisportiva Besanese dal sogno di conquistare la sua prima Relay of the Dolomites. Un solo secondo in quasi quattro ore di gara, una piccola esitazione, un passo nella direzione errata in un momento qualsiasi … tanto è bastato per mutare il metallo da oro ad argento.

Si faccia avanti, però, chi accusa l’orienteering di essere uno sport noioso, inadatto ai palinsesti televisivi, perché scontato nell’andamento della gara o incomprensibile per chi non lo ha mai praticato. Si faccia avanti e guardi lo svolgimento della sesta edizione della Relay of the Dolomites. Intanto dia un’occhio allo scenario che ha fatto da quinta teatrale alle gesta dei campioni. Le montagne più belle del mondo, le cattedrali gotiche della natura, le Dolomiti, circondano il campo di gara. A sinistra domina la mole augusta del Sassolungo, a destra incombono le pareti del Monte Sella, una verde vallata si apre verso il basso: oggi davvero si corre ad un metro dal Paradiso. Poi osservi l’area di gara: la Città dei Sassi, che pare costruita dai giganti, in mezzo, a sinistra le praterie di alta montagna che hanno come limite solo il cielo, i boschi e i verdi pascoli a destra. Infine, consideri l’andamento della gara, l’epica sfida uomo contro uomo, le fughe e le rimonte, l’incerta volata finale che ormai è già leggenda.

Sugli altari del Passo Sella sono assurti i campioni, che hanno duellato da par loro tra i massi arcigni e i ripidi versanti, emozionando come solo il grande sport sa fare. Ma consideriamo lo svolgimento della gara guardandola dal punto di vista dei carneadi dell’orienteering, il popolo dei signor nessuno che sparisce alla vista dei fenomeni, la cui presenza è necessaria per dare profondità ad un movimento in crisi come quello dell’orienteering, che non merita di sparire. Perché è valutando le fatiche dei deboli, che si apprezzano meglio le gesta dei forti.

Che tu parta mischiato ai grandi campioni al lancio, o dopo ore di attesa sotto il sole, davanti a te si stende lo stesso cimento. Si parte ed è subito salita. Implacabile il versante ascende, mentre l’aria rarefatta di alta quota ti mostra subito che oggi sarà durissima. Segue il primo passaggio nella Città dei Sassi, una vasta area di pinnacoli e guglie di roccia, dove il masso è padrone e l’uomo un ospite timoroso. Si corre e si incespica tra le vie incuneate tra i sassi, zigzagando in questo terreno ostile, dove, dopo ogni curva, ti può aspettare un piccolo abisso che ti guarda, sbeffeggiando il tuo errore. Dall’alto i sassi ti osservano impietosi, senza fornirti il minimo aiuto: sulla mappa sono così tanti che si confondono tra loro e ogni certezza sembra perduta. Esci dal loro regno e si aprono le praterie di alta montagna, dove i forti dispiegano la loro potenza e i deboli respirano per un attimo. Segue un lungo intermezzo che porta tra boschi e praterie, semiaperti infidi e canaloni da attraversare. Su tutto domina il dislivello, tremendo, che picchia quasi come il sole a duemila metri di altezza. La discesa pare sempre troppo breve ed è subito seguita da rampe feroci, dove si immolano le energie rimaste e la fatica diventa padrona. Appena il tempo di respirare e di nuovo si torna nella Città dei Sassi, dove i giganteschi proprietari di casa ti osservano cupi mentre caracolli sfinito tra la loro possenza. Il passaggio al punto spettacolo mostra quanto grande sia la sopportazione umana. Tra la folla esultante passano, uno dopo l’altro, campioni e comparse; sui loro visi è scavata una fatica dai contorni antichi che accomuna tutti nel regno della sofferenza: che tu stia duellando per la palma di vincitore o che tu ti trascini dopo molti errori, il passaggio nell’arena ti mostra nudo nella tua fatica. L’erta spietata in piena vista pochi metri dopo il punto spettacolo, affilata come una lama, è l’essenza di quanto sia democratica la fatica. Annaspano anche i più forti, per un attimo li vedi rallentare, molti sono obbligati a camminare, salgono curvi come vecchi, il viso arrossato dallo sforzo. Dietro di loro viene il popolo dei vinti: si fa meno scrupoli a camminare, nonostante i commoventi e spietati incitamenti dei compagni, provati dallo sconquasso della fatica. In quel punto la diversità naturale dei talenti, che la natura ha sparpagliato per capriccio, è attenuata dalla comune fatica, per un attimo si è tutti uguali. Ma non è certo finita lì: gli organizzatori spietati hanno disegnato un lungo loop finale che parte (era possibile dubitarne?) con una lunga ed implacabile salita. Sei giunto esausto al punto spettacolo, dove hai dovuto spingere un po’ più del lecito per soddisfare gli applausi dei compagni, ora la strada implacabile in salita ti spezza come se fossi un fragile giunco. La parte finale viene compiuta in totale apnea, perché l’arrivo sembra non arrivare mai. Su è giù dai prati di alta quota, nello scenario di paradisiaca bellezza del Passo Sella, fino allo strappo finale che ti lima le ultime disperate energie.

Lancio Relay of Dolomites
Il lancio della Relay of Dolomites 2022.

Fa sognare il quintetto Besanese fra tanta meraviglia. Partita un po’ in sordina nei pronostici, la squadra brianzola schiera però una formazione di tutto rispetto: la solida esperienza di Luigi Giuliani al lancio, l’esuberante classe dei fratelli Silvia e Marco Di Stefano a comporre l’ossatura centrale, il talento purissimo dei due svedesi Alva Sonesson e Isaac Ericsson, ingaggiati appositamente per questa prova, a chiudere.

Si parte in controllo, con Luigi Giuliani impegnato a cedere il meno possibile agli avversari, che cercano di scappare da tutte le parti e guadagnare subito terreno. Ma dopo la prima frazione, la formazione bianco-rossa-blu era pronta ad alzare ulteriormente il livello, calando via via i suoi assi più pregiati. Inizia Silvia Di Stefano che ai rivali di frazione mostra di competere in un altro campionato, per quanto sia la più piccola; senza porre indugio si mette in caccia ed uno ad uno li recupera risalendo dalla decima fino alla terza posizione: una prestazione che è già di per sé da applausi a scena aperta, nonché un’impietosa lezione di orienteering ai rivali maschi o femmine o master che fossero. Quindi completa l’opera il fratello Marco, anche lui autore di una prova eccezionale. Cede la Polisportiva Masi, che dopo l’ottima partenza qui inizia il suo crollo, cede il Gronlait, fino ad allora in fuga, e la Polisportiva Besanese si issa al comando. Qui davvero si inizia a sognare. In quarta frazione parte Alva Sonesson, giovane promessa della nazionale svedese, e basta questo titolo per dire tutto. La bionda scandinava, sicuramente a disagio su un terreno non suo e non al massimo della condizione, effettivamente mostra lampi di classe mantenendo il primato. Da dietro, però, rientra fortissimo il Primiero, eterno vincitore della Relay che non ci sta ad abdicare. Al punto spettacolo è show puro, un duello omerico di altri tempi: davanti Alva Sonesson e dietro una straordinaria Anna Pradel, che in volto appare al gancio per lo sforzo profuso. Ma mai sottovalutare l’orgoglio primierotto: nel loop finale, mentre la quota e la salita sfiancano la forte svedese, la trentina che si trova sul suo terreno, e spinta dal pubblico che è tutto per lei, non molla di un metro, anzi passa a condurre. Sull’arrivo la svedese ribadisce le gerarchie, ma Isaac Ericsson parte sapendo che gli italiani oggi non intendono mollare. La frazione finale restituisce continui colpi di scena, con l’epica lotta tra lo svedese e il giovane talento Mattia Corona, mentre da dietro rientra come un fulmine Roberto Dallavalle del Gronlait. Attaccati ai cellulari e alla voce dello speaker Galletti, come sempre degno delle migliori telecronache della storia, nell’arena si aspetta. Il Primiero lotta ma a metà gare inizia a cedere, mentre il Gronlait rientra prepotente. Il passaggio dell’arena riporta alla memoria sfide leggendarie del passato. Avanti la Besanese, con un esausto Isaac Ericsson sostenuto solo dai brianzoli, dietro il trentino Dallavalle, che passa tra selve di applausi. Ormai tutta l’arena è con lui. Il finale non è adatto ai cuori deboli e meriterebbe una penna migliore per essere descritta. In un valzer di continui sorpassi si arriva alla rampa finale, dove il trentino apre definitivamente il gas piegando l’orgogliossisimo svedese. Vince il Gronlait, la Besanese è seconda, ma vanno tributati solo applausi. L’apporto straniero ha permesso di consolidare una posizione di prestigio, ma erano stati i giovani talenti bianco-rosso-blu a costruire la rincorsa al podio e non ci può essere spazio per la delusione.

L'arrivo di Alva
Alva Sonesson sul traguardo. La svedese, prestata per un giorno alla Besanese, stacca sulla linea d'arrivo la tenace Anna Pradel dell'US Primiero.