(3-4 ottobre 2020)
Secondo weekend di gare nazionali e si registra il ritorno di un’ospite la cui assenza non era stata certo rimpianta: la pioggia. Come diciotto mesi fa, i boschi della Valsugana attirano fatalmente il cattivo tempo, che torna a fare la voce grossa e infierire sui concorrenti in gara. Fin dalla mattina del sabato la pioggia infuria a sprazzi, talvolta violenti, su tutto il Nord Italia non lasciando agli orientisti neppure l’illusione che sul posto possa migliorare. Inoltre, le norme sanitarie impediscono l’esistenza di un ritrovo; negando così i pietosi ritrovi concessi lo scorso anno. Salvo qualche riparo di fortuna, dove però si esita ad andare man mano che la folla aumenta, si è completamente esposti ai rovesci della giornata. Con la triste compagnia delle mascherine di ordinanza, si guarda malinconicamente il cielo grigio borbottando qualche commento rassegnato sulla pioggia; poi ad un tratto uno dei concorrenti veneziani commenta: “Taci che non fa freddo!”. L’espressione ha un significato molto più neutrale di quanto possa suonare nel nord-ovest, ma il veneto ha la capacità di riassumere molti dettagli in espressioni scarne e secche. Perché, in fondo, il signore veneziano ha ragione: è inutile lamentarsi. Per prima cosa davvero non fa freddo; secondo siamo comunque qui per praticare lo sport che più ci diverte; terzo un po’ di fango non ha mai ucciso nessuno.
Sull’ultimo punto la mappa di Pergine Valsugana ha qualcosa da ridire, visto che si presenta aspra e affilata come una lama. E, in effetti, i versanti sotto il castello di Valar sono di una ripidezza quasi assassina. Il terreno impregnato di pioggia scivola sotto i tacchetti, che arpionano disperati le zolle infide che si sgretolano sotto di loro; ma la sensazione è che, anche con l’asciutto, non sarebbe poi stato tanto meglio. La prima rampa toglie il fiato con la sua cattiveria, ma una volta saliti si deve scendere e qui inizia il bello. Gli occhi guardano il dirupo che si apre di sotto, la mente supplica di lasciar stare, ma il ticchettio implacabile dell’orologio non concede esitazioni. E così si scivola giù nel fango umido; dapprima si cerca, con qualche equilibrismo, di darsi un tono restando in piedi, ma dopo il primo ruzzolone non si disdegna a scivolare giù di sedere, manovrando coi piedi e cercando negli alberi ancoraggi improvvisati. In capo a cinque minuti si è coperti di fango; le mani ovviamente, le divise sociali e persino la mappa, che si deve pulire in continuazione sperando che schizzi di fango non vadano a coprire particolari preziosi. Ma si va avanti: taci che non fa freddo.
Ecco, solo questo possono dirsi i primi concorrenti partiti quando il diluvio si era fatto più aspro e violento. Poi, lentamente, la pioggia cessa lasciando come ricordo il fango e l’umidità. Le rive ripide, però, restano, facendosi nella parte centrale vere e proprie scarpate. Si procede, improvvisandosi scalatori e si rimpiange di non potersi calare in corda doppia nelle discese più infide. Nel bosco si odono in ogni dove i rimbrotti e le imprecazioni di chi scivola; si mischiano alle scuse smozzicate quando il fango ti porta a sbattere contro un altro concorrente. Ma si va avanti: taci che sta uscendo il sole.
Neppure questo viene concesso la domenica, ai campionati italiani middle disputati sulla Vigolana. Sin dalla mattina una coltre bigia di nuvole ammanta il cielo trentino e non lo molla più, alternando secchiate di pioggia a momenti di rara tregua. L’oscurità impera nel bel bosco bianco, dandogli un aspetto cupo che non meriterebbe altrimenti. Perché dopo le balze da camosci del giorno prima, pare tanto bello e gentile; i fianchi più arrotondati, il terreno pulito, le forme ben definite. Il fango, nutrito dalla nuova pioggia, è ovunque e rallenta la corsa, ma si va avanti: taci che non fa freddo.
Le parole del concorrente veneziano tornano ancora quest’oggi, mentre si vaga un ampio spazio senza particolari, percorso in un momento in cui la pioggia torna a ruggire e si è completamente soli nel bosco buio e sinistro. Certo, ci saranno mille questioni negative da affrontare, probabilmente arriverà una sconfitta inappellabile, ma potrebbe sempre andare peggio. Si corre sotto la pioggia, ma quanto è dolce riassaporare la bellezza di andare nei boschi e amare la fatica della nuova erta da scalare, il fango in cui si cade dopo uno scivolone, anche la rabbia stessa di aver sbagliato e perduto la retta via. Quando lo sprint al traguardo spegnerà la magia di questi minuti in cui contano solo la tratta e i secondi che scivolano via; quando lo scarico rivelerà quando siamo stati scarsi rispetto al primo; allora si tornerà alla vita reale, che sarà grigia o meravigliosa ma comunque sarà una dimensione differente. Qui sotto la pioggia, nel bosco cupo e sinistro, che si sbagli o si scelga la tratta migliore, si vive in modo diverso; si può essere quello che nella vita reale non si può. E allora, che importano il fango e le nuvole, l’errore e la fatica? Per un’ora ci è concesso di essere liberi da ogni altro affanno, concentrandosi soltanto su trovare alcuni pezzi di stoffa sparpagliati in giro. Non ci si deve curare altro che di correre; e allora davvero: taci che non fa freddo.
Come al solito sono le donne besanesi a fare la parte del leone quando si devono contare le vittorie. Da parte maschile, nonostante la solita messe di piazzamenti e la ovvia grinta mostrata in tutte le categorie, arriva soltanto il successo di Pietro in MB, dove ha corso evitando la propria categoria, in quanto reduce da un infortunio. Così a portare vittorie e titoli italiani middle in Brianza, ci devono pensare ancora una volta le ragazze. In W12 è ormai diventato difficile trovare nuove parole per celebrare il successo di Silvia, che domina entrambe le giornate. Torna al successo in W60 Annamaria, che la domenica conquista il titolo italiano middle di categoria bissando il successo del giorno prima. Completano il poker di successi sulle rampe affilate di Pergine Valsugana, Elena che sbaraglia tutte in W50 e Licia che vince la W70. S’impone invece la domenica, ed è la terza campionessa italiana middle tra le file bianco-rosso-blu, Anna in W50.
Tra gli élite il canovaccio non cambia. Non arrivano podi questa volta, ma sono sempre e solo le ragazze ad affollare i piani alti della classifica. Di sicuro l’assenza di una gara a staffetta quest’anno pesa particolarmente, perché scorrendo gli ordini di arrivo non si trova un’altra formazione con così tante rappresentanti nella top ten della due giorni.
(di Andrea Migliore)